Anno Pastorale 2022-2023
Lettera Pastorale del Vescovo Erio
(1a parte)
Non è facile difenderla, dopo il rimprovero di Gesù: “Marta, Marta…”. Certo, quel rimprovero è opportuno, perché si stava affannando troppo, dividendosi ansiosamente tra molti servizi. Un’attenuante però Marta la merita: la quiete di Maria, sedutasi comodamente ai piedi di Gesù mentre lei corre qua e là, è una provocazione. Ma c’è un altro motivo per difendere Marta: la richiesta che lei fa a Gesù, perché dica a Maria di aiutarla. Quel “dille dunque che mi aiuti” racchiude una grande verità: non si può servire da soli; il servizio comporta una rete di relazioni. Con una sola frase, Marta domanda aiuto sia a Gesù che a sua sorella; per lei la parola di Gesù (“dille”) è in grado di attivare la collaborazione di Maria (“che mi aiuti”), alleggerendo il suo peso. Non va assolta Marta, almeno per questa frase? In fondo anticipa la sentenza finale del Maestro -“Maria ha scelto la parte buona” -mettendo in luce che l’ascolto della parola di Gesù attiva il servizio e che il servizio, per non scadere nell’ansia,chiede collaborazione. Nasce così un circolo virtuoso tra parola, ascolto e servizio.
Il secondo anno del Cammino sinodale, come spiega il documento I cantieri di Betania (17 luglio 2022), accompagnato dal vademecum Continuiamo a camminare (8 settembre 2022), prosegue all’insegna dell’ascolto delle narrazioni (storie, esperienze, critiche, proposte), avendo come icona di riferimento l’incontro di Gesù con Marta e Maria nella casa di Betania. Nel primo anno di cammino le diocesi italiane, attraverso i gruppi sinodali che dovranno proseguire insieme ai “gruppi del Vangelo nelle case”, si sono orientate a poco a poco su tre priorità pastorali, che rimandano ad altrettante immagini presenti nella scena evangelica: il villaggio, la casa, il servizio. È stato spontaneo allora individuare per il secondo anno i “cantieri di Betania”:
– il cantiere della strada e del villaggio, che presenta iniziative aperte con creatività ai mondi e agli ambiti di solito non abbastanza ascoltati;
– il cantiere dell’ospitalità e della casa, che raccoglie esperienze di fraternità per rendere “casa di Betania” le nostre comunità;
– il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale, che avanza proposte di approfondimento della parola di Dio per vincere l’affanno e nutrire la gioia del servizio.
Tutti e tre i cantieri intendono favorire una Chiesa evangelica, agile, preoccupata meno dell’organizzazione e più della relazione, meno della conservazione e più dell’annuncio, meno delle strutture e più delle persone. I tre “cantieri” sinodali offrono tante piste, tra le quali ogni diocesi e ogni comunità locale potrà scegliere. I sussidi nazionali presentano idee e suggerimenti; i referenti diocesani e le loro équip e formuleranno altre proposte; il sito ufficiale
https://camminosinodale.chiesacattolica.it
riporta decine di esperienze vissute nelle diverse diocesi italiane, dalle quali si possono prendere spunti per costruire i cantieri.
Tre punti concreti di verifica corrispondenti ai cantieri, sui quali ci confronteremo nel corso dell’anno pastorale – ad esempio nelle assemblee pastorali, presbiterali e diaconali – sono: l’oratorio per bambini, ragazzi e giovani, le visite annuali alle famiglie (“benedizioni”) e l’accompagnamento spirituale (“direzione spirituale”).
Per ciascuno di questi tre aspetti, nei primi mesi dell’anno pastorale (ottobre-dicembre), verranno messi a disposizione alcuni brevi sussidi diocesani, che raccolgono, elaborano e rilanciano le riflessioni formulate nelle assemblee del giugno scorso.
(2° parte)
Ai tre cantieri comuni a tutta la Chiesa italiana, frutto della consultazione del primo anno sinodale, ne aggiungiamo un quarto, che nelle nostre diocesi di Modena-Nonantola e Carpi, chiamate a collaborare sempre più convintamente, si presenta come cantiere del linguaggio. Le relazioni diocesane hanno infatti sottolineato la nostra difficoltà di comunicare, anche a causa di una lingua chiamata scherzosamente “ecclesialese”, che ormai molti non capiscono. Ci si è concentrati soprattutto sul linguaggio liturgico, sulla predica e sulla catechesi.
La liturgia, specialmente quella eucaristica che è modello di sinodalità, contiene spesso espressioni pregnanti ma, per molti, oscure. Occorrerà certamente una riforma generale, che possa esprimerne le ricchezze in modo più comprensibile; nel frattempo però è già possibile attivare le possibilità previste nel Messale: collette e prefazi nuovi, preghiere dei fedeli ben formulate, canti a cui l’assemblea possa partecipare, e così via.
Ma è soprattutto sull’omelia che si concentrano critiche e attese: chi predica, deve sapere che la qualità della liturgia viene solitamente misurata sull’incisività dell’omelia. Papa Francesco ha dedicato all’argomento un’ampia sezione di Evangelii Gaudium (nn. 135-159), alla quale dovremo tornare.
E infine il linguaggio della catechesi, la quale non consiste solo nella trasmissione di nozioni, ma nell’introduzione all’esperienza cristiana in tutte le sue dimensioni: parole, gesti, simboli, testimonianze, servizi, attività, arte, canto… A tal proposito risulta di grande aiuto il nuovo portale aperto dall’ufficio catechistico dell’Emilia Romagna https://passidivita.net, articolato sull’anno liturgico, che gli uffici catechisti delle nostre diocesi faranno conoscere e aiuteranno a utilizzare.
(3° parte)
“Dille dunque che mi aiuti”. Quando Marta pronuncia queste parole, noi la immaginiamo irritata, con i pugni chiusi sui fianchi, come la Perpetua manzoniana in perenni battibecchi con don Abbondio. Certo non era una persona facile, se è vero che in entrambe le scene in cui compare -qui nel Vangelo di Giovanni -attacca discorso con Gesù rimproverandolo: “non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” (Lc 10,40); “se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (Gv 11,21). Ma poi, dopo questo sbotto impulsivo, diventa più mite. La richiesta di aiuto a Gesù e, attraverso di lui, alla sorella, è allora anche un atto di umiltà: capisce che da sola non ce la fa, che per servire ha bisogno della parola di Gesù e dell’ascolto di Maria.
L’ansia rende più umili. Ce ne siamo resi conto molto bene, e drammaticamente, negli anni della pandemia, quando abbiamo invocato aiuto: abbiamo compreso l’importanza della parola del Maestro, abbiamo imparato ad ascoltare le paure e le sofferenze degli altri, abbiamo ricevuto e offerto molti servizi. Le nostre case erano diventate “case di Betania”, luoghi di accoglienza reale e digitale, qualche volta vere e proprie “Chiese domestiche”; in mezzo a tante fatiche, è emerso con chiarezza il primato delle relazioni: con il Signore e con i fratelli e le sorelle. Questo è forse l’insegnamento più incisivo della pandemia: tutto sfuma, le relazioni vissute come dono restano.
Facendo tesoro dell’essenziale, tante volte richiamato nei momenti più duri della diffusione del virus, anche la nostra vita pastorale può ripartire più snella, come ci ha chiesto il primo anno del cammino sinodale: con riunioni che, a partire dall’ascolto della parola di Dio, lascino spazio all’ascolto reciproco e si concentrino in tempi più sobri; con un uso dosato e saggio del digitale per gli incontri “da remoto”; con minore ansia di contare e di contarsi e maggiore passione per il Vangelo e per gli ultimi preferiti da Gesù; con meno polemiche, arroccamenti sul passato e lamentele e più entusiasmo, speranza e accoglienza… quando le nostre comunità cristiane, pur con i loro difetti, assomigliano alla “casa di Betania”, diventano attraenti, perché armonizzano l’ascolto della parola di Dio, l’ascolto degli altri e il servizio.
Nella prima parte dell’anno pastorale, da ottobre a Natale, verrà proposto a tutti gli operatori pastorali (o meglio “operai del Vangelo”), e a chiunque altro vorrà partecipare, il percorso “Credi tu questo?”, dedicato ai sacramenti; è una iniziativa che, potendo usufruire di una rete digitale parrocchiale (grandi schermi) e domestica, si propone come catechesi di base a largo raggio e intende favorire il confronto a piccoli gruppi. Nella seconda parte dell’anno, da gennaio a maggio, si potranno attivare “i cantieri di Betania”, con l’aiuto delle équipe sinodali e degli uffici pastorali, che proporranno idee ed esperienze nei vari ambiti di loro competenza.
Non c’è dunque l’ansia di partire subito, con “molti servizi”; ciò che conta è avviare in cammino insieme, aiutandosi a vicenda (“dille dunque che mi aiuti”) e lasciandosi guidare dalla parola di Dio. Non ci attende un anno di extra o di cose fuori dal normale, ma un anno di “normale” cammino: fare sinodo, infatti, significa assumere uno stile di Chiesa, e non passare da un evento eccezionale ad un altro, con il rischio di affannarsi e perdere la gioia del servire.
Stavo per dimenticare una cosa importante, a proposito dei linguaggi: ho chiesto ad alcuni giovani di tradurre il cantiere del linguaggio in un breve video: potete vedere il risultato sul canale YouTube della diocesi: buon divertimento e… buona riflessione!
14 settembre 2022
+ Erio Castellucci