Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto (cfr Gv 15, 5-9)
Gesù disse ai suoi discepoli: “Rimanete nel mio amore” (Gv15, 9). Egli rimane nell’amore del Padre (cfr Gv 15, 10) e non desidera altro che condividere questo amore con noi: “Vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto sapere tutto quel che ho udito dal Padre mio”(Gv 15, 15b). Innestati nella vite, che è Gesù stesso, il Padre diviene il vignaiolo che ci pota per farci crescere. È la descrizione di quanto avviene nella preghiera: il Padre è il centro della nostra vita, Colui che ci ricentra, ci pota e ci rende un tutt’uno, e un’umanità resa tutt’uno rende gloria al Padre. Rimanere in Cristo è un atteggiamento interiore che mette radici in noi nel tempo, che richiede uno spazio per crescere e che può essere sopraffatto dalla quotidiana lotta per le necessità della vita, e minacciato dalle distrazioni, dal rumore, dalle troppe attività e dalle sfide della vita. La comunione in Cristo richiede la comunione con gli altri; Doroteo di Gaza, un monaco della Palestina del VI secolo, lo esprime con queste parole: “Immaginate un cerchio disegnato per terra, cioè una linea tracciata come un cerchio, con un compasso e un centro. Immaginate che il cerchio sia il mondo, il centro sia Dio e i raggi siano le diverse strade che le persone percorrono. Quando i santi, desiderando avvicinarsi a Dio, camminano verso il centro del cerchio, nella misura in cui penetrano al suo interno, si avvicinano l’un l’altro e più si avvicinano l’uno all’altro più si avvicinano a Dio. Come prendete che la stessa cosa accade al contrario, quando ci allontaniamo da Dio e ci dirigiamo verso l’esterno. Appare chiaro, quindi, che più ci allontaniamo da Dio, più ci allontaniamo gli uni dagli altri e che più ci allontaniamo gli uni dagli altri, più ci allontaniamo da Dio”. La preghiera di Gesù per l’unità è un invito a tornare a lui e, conseguentemente, a riavvicinarci gli uni gli altri, rallegrandoci della nostra diversità. Come impariamo dalla vita comunitaria, gli sforzi per la riconciliazione costano e richiedono sacrifici. Siamo sostenuti, però, dalla preghiera di Cristo che desidera che noi siamo una cosa sola, come lui è con il Padre, perché il mondo creda (cfr Gv17, 21).Sebbene come cristiani noi dimoriamo nell’amore di Cristo, viviamo anche in una creazione che geme mentre attende di essere liberata (cfr Rm 8). Nel mondo siamo testimoni del male provocato dalla sofferenza e dal conflitto. Mediante la solidarietà con coloro che soffrono permettiamo all’amore di Cristo di dimorare in noi. Il mistero pasquale produce frutto quando offriamo amore ai nostri fratelli e alle nostre sorelle e coltiviamo nel mondo la speranza. La spiritualità e la solidarietà sono intrinsecamente unite. Rimanendo in Cristo, noi riceviamo la forza e la sapienza per agire contro le strutture di ingiustizia e di oppressione, per riconoscerci pienamente come fratelli e sorelle nell’umanità, ed essere artefici di un nuovo modo di vivere nel rispetto e nella comunione con tutto il creato.